Un gioco che lascia perpressi, questo è Yomawari: a night alone. E' uno di quei giochi che non capisci bene cos'è nemmeno una volta finito, si tratta di un gioco che punta tutto sull'ambiente ? sul creare un senso di tensione ? oppure sull'estetica, sul confronto tra le orride creature che vagano per la città e la semplicità con cui è disegnata la piccola protagonista ? Di certo ciò su cui il gioco non punta è la trama, che risulta essere un mero pretesto per introdurci nelle meccaniche del gioco e per definire il nostro obiettivo.
Eppure le vie di questo piccolo borgo giapponese pupulano, di notte, di misterioso figure erranti. Mostri e fantasmi sono sparsi per la città e sono intenzionati a non farsi sfuggire la tenera carne della nostra protagonista. Ogni notte saremo costretti ad affrontare i più grandi orrori della città, ognuno in un luogo diverso, ognuno raccapricciante.
Con queste premesse sembra davvero che ci troviamo davanti a un capolavoro, una piccola perla quasi perfetta, eppure, giocandoci, anche per poco, si notano alcuni gravi problemi.
Inanzitutto il gioco è estremamente frustrante, ci troveremo spesso dinanzi a situazioni in cui non abbiamo visto chi ci ha ucciso, dove il gioco risulta anche essere scorretto lasciando dei mostri con un hitbox davvero grande in confronto ad uno sprite molto piccolo. Inoltre dei mostri non conosciamo quasi niente, tranne che in rare occasioni, non sappiamo come comportarci, se sono più sensibili a certi oggetti, rispetto ad altri, o quanto dannatamente questi siano veloci. Siamo sempre vittime della sindrome del grassone del mcDonald che non riesce a seminare dietro di se alcuni mostri, che sembrano, invecem addestrati da Usain Bolt nella nobile arte dei 100 metri. Per non parlare di altri mostri, quasi del tutto invisibili o che appaiono negli angoli più bui delle vie e di cui ci renderemo conto dell'esistenza ormai troppo tardi. Nostri fedeli alleati saranno i cespugli e i cartelloni sparsi per la città che ci permetteranno di nasconderci dai nemici, questa è una delle meccaniche che ho trovato particolarmente fastidiose, una volta nascosti non vedremo più l'ambiente che ci circonda, ma compariranno invece delle nubi rosse che rappresentano i nemici. Una volta che vedremo queste scomparse, sapremo che la via è libera e potremo di nuovo uscire. La cosa frustante è che alcuni mostri seguono un percorso prestabilito e che quindi non si leveranno dai piedi tanto presto.
Quando non dovremo scappare, o nasconderci, dai mostri più disparati, ci ritroveremo, spesso e volentieri, a raccogliere oggetti. Questi servono ad ampriare la nostra conoscenza della lore del gioco.. o almeno qualcuno. A volte ci troveremo davanti ad oggetti completamente inutili, che non raccontano nulla e che sembrano sparsi quasi a caso.Nonostante alcuni di questi possano essere semplicemente oggetti che attirano l'attenzione della bambina, come ad esempio l' "insetto morto", mi sono chiesto se, oltre ad essere semplicemente oggetti per i soliti collezionisti 100%, non sarebbe stato meglio inserire al loro posto qualcosa di diverso che ampliasse quel poco che conosciamo del mondo del gioco.
Altre meccaniche del gioco saranno le statue jinzo, che ci permetteranno di effettuare un salvataggio rapido. Questo ci permetterà di tornare alla statua nel caso in cui un mostro avrà messo fine alla nostra esplorazione. Questa meccanica è un altro grosso problema del gioco, nonostante riesca a facilitare il gioco, va contro all'ambiente di tensione che il gioco si impegna a creare. In pratica non importa cosa faremo, una volta salvato in questi posti sapremo di essere comunque al sicuro.
In conclusione, Yomawari, riesce senza dubbio ad affascinare con la sua semplicità, un'estetica fresca e originale e, in ultimo, anche con la creazione di un ambiente di tensione dove ci sentiremo persi e in perenne pericolo. Nonostante ciò riesce a cadere in alcuni aspetti come il gameplay e la trama che risultano troppo semplici e poco sfruttati. Insomma Yomawari non è un gioco per tutti e che consiglio soltanto a coloro che, armati di tanta pazienza, vogliano immergersi in un mondo non perfetto, ma molto particolare.